TERAMO – L’iniziativa di acquisire Tercas fu autonoma da parte dei vertici della Banca Popolare di Bari, che trattò poi con il Fondo Interbancario di tutela dei depositi per ottenere il sostegno economico all’operazione, e la Vigilanza non poteva nè intervenne in questa trattativa. E’ lo stesso Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, a parlare per la prima volta dell’affare Tercas-BpBari, al centro oggi delle attenzioni di tanti, Procura di Bari compresa, dopo il commissariamento del più grande Istituto del Sud. Visco lo ha spiegato in una intervista rilasciata al direttore del Corriere delle Sera, Luciano Fontana. Ma lo stesso Governatore, che nella stessa intervista ha detto di non voler commentare eventuali rapporti di reciproca influenza tra esponenti di Bankitalia e l’ex presidente della Popolare di Bari, Marco Jacobini, che ha ricevuto un avviso di garanzia per corruzione, è pronto a dire che "facciamo il massimo per tenere costantemente sotto controllo le diverse situazioni e valuteremo se ci siano stati errori anche da parte nostra".
Ricordando anche che nel passaggio a Bari della banca teramana è andato storto proprio qualcosa relativo al’intervento del Fondo Interbancario – giudicato appena qualche mese fa ‘aiuto di Stato’ dall’Europa -, Visco ha smentito anche che tutto fosse stato studiato a tavolino perchè Bankitalia doveva rientrare da un prestito affidato alla Tercas: "Questo lo dice chi non conosce le regole – ha detto il Governatore al direttore Fontana -. La Banca d’Italia aveva concesso a Tercas un prestito a titolo di liquidità di emergenza, in base alle norme italiane ed europee. Questo tipo di finanziamento, di competenza delle banche centrali nazionali ma sottoposto a valutazioni del Consiglio direttivo della Bce, deve essere assistito da adeguate garanzie, che rendono il rischio per le banche centrali nullo o al più trascurabile. La Popolare di Bari è semplicemente subentrata nel finanziamento, con le medesime garanzie, senza quindi modifiche alla rischiosità del prestito».
La famiglia Jacobini avrebbe stornato milioni dai conti. L’impressione che resta è comunque quella che si voglia, come teme anche il sindaco di Teramo, Gianguido D’Alberto, tenere alta l’attenzione sull’acquisizione di Tercas per distoglierla da un’altra serie di ‘porcate’ relativa alla gestione dell’Istituto barese. Come quella riportata questa mattina suo quotidiani locali a Bari, circa gli assegni che il patron Marco Jacobini e i figlio Gianluca avrebbero emesso poco prima il commissariamento di Bankitalia e subito dopo l’azione di responsabilità decisa dall’Istituto, per spostare fondi dalla Popolare di Bari ad altri conti. Secondo quanto riporta il Corriere del Mezzogiorno, sarebbero sette le segnalazioni che i commissari straordinari nominati dalla Vigilanza, Enrico Ajello e Antonio Blandini, avrebbero fatto alla Procura di Bari. Operazioni come quella eseguita il 12 dicembre (il commissariamento è del 13, ndr), da Gianluca Jacobini, ex condirettore generale dell’istituto e figlio dell’ex presidente Marco, per trasferire una somma complessiva pari a 180 mila euro dal suo conto della BpB ad uno cointestato a sé e alla moglie presso Banca Sella. L’ex presidente Marco Jacobini, invece, il giorno successivo ha fatto altri cinque bonifici, tutti a favore di familiari e società, per circa 5 milioni 500 mila euro.
Gli stipendi d’oro dei dirigenti della Popolare di Bari. Nei giorni scorsi ha tenuto banco anche il ragionamento attorno agli stipendi d’oro dei vertici della Banca Popolare di Bari. Capita infatti, in maniera a diri poco clamorosa, che a margine dell’assemblea del bilancio 2018 chiuso con una perdita netta di 420 milioni di euro dovuto alle ingenti svlutazioni del credito, il gettone di tutti i consiglieri di amministrazione passa da 40 a 70mila euro annui. Il compenso fisso per l’amministratore delegato Vincenzo De Bustis stabilito a 1 milione di euro e di 450mila per il presidente Gianvito Giannelli, fresco sostituto del patron e zio Marco Jacobini. Quest’ultimo, in banca dal 1978, nel 2018 era stato pagato invece 655mila euro per l’annata e 2,5 milioni di euro di ‘compensi residui per anni pregressi’ non meglio specificati. Per quanto riguarda riguarda Tercas, il compenso dell’allora direttore generale Gregorio Monachino (in carica dal 3.11.2015) era di 396mila euro all’anno (il suo predecessore Nicola Loperfido ne guadagnava 264mila), leggermente inferiore a quello del suo vice, che era Luigi Jacobini, che ammontava a 410mila euro.